Un assaggio da LA VARIANTE DEL POLLO
ALESSANDRO BERGONZONI
Bergonzoni è autore, scrittore, comico e attore. I suoi lavori si basano sull’assurdo,
sul nonsense, su situazioni surreali e paradossali. Per questo è molto apprezzato
dalla Sinistra italiana.
L’osservazione che ti farà fare bella figura: «Quando leggo Bergonzoni non ci
capisco niente, ma mi fa sentire così intelligente!».
Apelle figlio di Apollo, lo sanno anche i bambini, fece una palla di pelle di pollo.
Ma perché? Per lanciarla giù dal Monte di Venere? Per le Olimpiadi
dell’Olimpo? Per dire a Diana «perdiana»? O per far salire a Mercurio la febbre
del tifo? No, Apelle fece la palla di pelle di pollo per giocare con gli animali
della fattoria. Perché il fatto avvenne nella fattoria: il fatto infatti capita nella
fattoria, mentre l’atto nella latteria e il caso nel caseificio, la circostanza
stranamente nella stanza del circo.
Apelle aveva pensato inizialmente alla pelle d’oca, ma poi aveva cambiato
idea perché odiava il freddo.
Al pollo il fatto della pelle non spiaceva affatto, perché quando stava perdendo
poteva dire: «La palla è mia, la prendo e me ne vado». Così per mettere fine
alle discussioni fu nominato un direttore di gara, il tacchino, perché sosteneva
il libero arbitro e diceva sempre: «Faccio arbitrariamente quello che mi pare
e anche quello che non mi pare ma solo se mi pare e tra il dire e il pare c’è di
mezzo e il». Così quando vide il fallo del toro fischiò e lì per lì il toro fu lusingato
perché andava fiero del suo fallo, ma quando capì la situazione protestò:
«L’avversario mi ha preso per le corna, mi voleva tagliare la testa», ma non fu
creduto.
Il tacchino decretò la punizione «Tutti a letto senza cena», ma poi visto che il
vitello piangeva come una vite e il cavallo come un cavo, optò per un calcio
dal confine delle nevi perenni cioè dal limite dell’area di rigore. Il mulo ragliò:
«Batto io!». E fu davvero ostinato, perché il mulo ha sì un brutto carattere, ma
vorrei vedere voi con quella rima. E vi parla uno che si chiama Bergonzoni.
In porta c’era il coniglio, perché il coniglio porta fortuna mentre l’oca porta
penne. Il coniglio sistemò la barriera con molta cura estetica, fece una barriera
architettonica, mentre l’arbitro contava i passi, il Fréjus, il Tonale, il Brennero,
il Bracco anche se al bracco non piacque sentirsi contare il passo.
Il mulo non avendo oro né argento prese la mira, mirò, tirò e s’irò. S’irò perché
la palla di pelle di pollo, fatta da Apelle figlio di Apollo, volò più alta di quanto
il pollo avesse mai volato. Via sopra la traversa, traversa sopra la via, la palla
atterrò sulla sommità di un orto, l’orto dosso. Chi va a prenderla? Apelle
disse: «Io no, io l’ho fatta e chi la fa l’aspetti». Il mulo disse: «Io no, io l’ho tirata e
chi la tira si ritira».
Così toccò al pollo zampettare sulle zebre che, risentite perché stavano
riposando, lo scrollarono via, proprio mentre sopraggiungevano alcuni tir: il
primo andava piano, era un tirapiedi, ma gli altri due carichi di cavalli, due
tirannosauri, galoppavano veloci sulla pista d’asfalto. Gli fecero la pelle, la
pelle di pollo con la quale Apelle figlio di Apollo fece una palla.
Ma per il pollo non fu una fortuna. Dal ciglio della strada sgorgò una lacrima
di compassione.
Bergonzoni è autore, scrittore, comico e attore. I suoi lavori si basano sull’assurdo,
sul nonsense, su situazioni surreali e paradossali. Per questo è molto apprezzato
dalla Sinistra italiana.
L’osservazione che ti farà fare bella figura: «Quando leggo Bergonzoni non ci
capisco niente, ma mi fa sentire così intelligente!».
Apelle figlio di Apollo, lo sanno anche i bambini, fece una palla di pelle di pollo.
Ma perché? Per lanciarla giù dal Monte di Venere? Per le Olimpiadi
dell’Olimpo? Per dire a Diana «perdiana»? O per far salire a Mercurio la febbre
del tifo? No, Apelle fece la palla di pelle di pollo per giocare con gli animali
della fattoria. Perché il fatto avvenne nella fattoria: il fatto infatti capita nella
fattoria, mentre l’atto nella latteria e il caso nel caseificio, la circostanza
stranamente nella stanza del circo.
Apelle aveva pensato inizialmente alla pelle d’oca, ma poi aveva cambiato
idea perché odiava il freddo.
Al pollo il fatto della pelle non spiaceva affatto, perché quando stava perdendo
poteva dire: «La palla è mia, la prendo e me ne vado». Così per mettere fine
alle discussioni fu nominato un direttore di gara, il tacchino, perché sosteneva
il libero arbitro e diceva sempre: «Faccio arbitrariamente quello che mi pare
e anche quello che non mi pare ma solo se mi pare e tra il dire e il pare c’è di
mezzo e il». Così quando vide il fallo del toro fischiò e lì per lì il toro fu lusingato
perché andava fiero del suo fallo, ma quando capì la situazione protestò:
«L’avversario mi ha preso per le corna, mi voleva tagliare la testa», ma non fu
creduto.
Il tacchino decretò la punizione «Tutti a letto senza cena», ma poi visto che il
vitello piangeva come una vite e il cavallo come un cavo, optò per un calcio
dal confine delle nevi perenni cioè dal limite dell’area di rigore. Il mulo ragliò:
«Batto io!». E fu davvero ostinato, perché il mulo ha sì un brutto carattere, ma
vorrei vedere voi con quella rima. E vi parla uno che si chiama Bergonzoni.
In porta c’era il coniglio, perché il coniglio porta fortuna mentre l’oca porta
penne. Il coniglio sistemò la barriera con molta cura estetica, fece una barriera
architettonica, mentre l’arbitro contava i passi, il Fréjus, il Tonale, il Brennero,
il Bracco anche se al bracco non piacque sentirsi contare il passo.
Il mulo non avendo oro né argento prese la mira, mirò, tirò e s’irò. S’irò perché
la palla di pelle di pollo, fatta da Apelle figlio di Apollo, volò più alta di quanto
il pollo avesse mai volato. Via sopra la traversa, traversa sopra la via, la palla
atterrò sulla sommità di un orto, l’orto dosso. Chi va a prenderla? Apelle
disse: «Io no, io l’ho fatta e chi la fa l’aspetti». Il mulo disse: «Io no, io l’ho tirata e
chi la tira si ritira».
Così toccò al pollo zampettare sulle zebre che, risentite perché stavano
riposando, lo scrollarono via, proprio mentre sopraggiungevano alcuni tir: il
primo andava piano, era un tirapiedi, ma gli altri due carichi di cavalli, due
tirannosauri, galoppavano veloci sulla pista d’asfalto. Gli fecero la pelle, la
pelle di pollo con la quale Apelle figlio di Apollo fece una palla.
Ma per il pollo non fu una fortuna. Dal ciglio della strada sgorgò una lacrima
di compassione.